Autore: Piera Hermann
Formatrice CRES-Manitese
Anno: 2011/12

Un vicolo cieco. La scuola, gli insegnanti, come bussola per ritrovare la strada maestra.

Non c’è mamma o maestra che non spieghi ai bambini piccoli che il latte viene dalla mucca, la frutta dagli alberi, le uova dalla gallina per inquadrare correttamente le loro esperienze di bimbi di città in un contesto che altrimenti sarebbe loro sconosciuto. Anche se, ancora per un bel po’, resterà vagamente sullo sfondo l’idea che la merendina, le patatine “vengono” dal supermercato…
Sappiamo che l’industria alimentare manipola gli ingredienti dei cibi, ma forse non ci è ben presente che vi possiamo trovare: «acidificanti e i loro contrari, i correttori di acidità, antiagglomeranti, antischiumogeni, agenti di carica (per aumentare il volume di una derrata alimentare senza aumentare il suo valore energetico: insomma, per vendere fumo!), emulsionanti, esaltatori di sapidità (per augurarci buon appetito), gelificanti, agenti di rivestimento, umettanti…». Non sto parlando di frodi alimentari, ma solo di additivi autorizzati dalle direttive europee! Forse non saranno dannosi, ma il punto è: che consapevolezza abbiamo di quanto avviene “dal campo al piatto”? Quale è il problema? I problemi sono tanti e così seri da mettere addirittura in discussione il futuro stesso dell’umanità. In estrema sintesi, dopo lo sfruttamento massiccio di popoli e territori operato dalla colonizzazione, dopo l’incremento produttivo portato dall’introduzione delle macchine in agricoltura, abbiamo messo in piedi un sistema mondiale di produzione, distribuzione e consumo del cibo guidato sempre e solo dalla logica del profitto, e ora anche dalla follia della finanza. Un sistema che è avanzato schiacciando vita e diritti di molti popoli cui abbiamo tolto la possibilità di provvedere alla propria sussistenza e di continuare a tenere in vita antiche, indispensabili sapienze e un rapporto equilibrato con la natura.
La dilagante povertà nel pianeta (non solo nel Sud del mondo), i gravi problemi per la salute animale e umana, la drastica riduzione della biodiversità, l’aumento delle terre sterili, i cambiamenti climatici, l’esaurimento delle fonti energetiche che reggono tutto questo carosello impazzito non sono che la conseguenza di questo sistema, sostenuto anche dal potente e pervasivo condizionamento dei nostri gusti e stili di vita. Possiamo noi, come individui e cittadini, ma soprattutto come insegnanti, ignorare tutto questo? Può la scuola non assumersi l’onere di informare, spiegare, produrre conoscenza adeguata a formare atteggiamenti e comportamenti impegnati sul fronte di una partecipazione consapevole alla costruzione del futuro? La domanda è retorica. Il compito non è semplice. È una sfida educativa e, trattandosi di scuola, epistemologica e didattica.
La complessità e la pervasività della materia non permette astensioni. Sia dal punto di vista concettuale che dal punto di vista educativo. Un solo esempio: se, in ogni ambito, non collaboriamo alla presa di coscienza del fondamentale concetto di “limite” (che si tratti di scienze naturali o di scienze umane, di coscienza di sé o di consumi ecc.) non saremo “astenuti” ma attivi costruttori di una visione del mondo ormai inconciliabile con la vita sulla terra.
Due vincoli restano ancora da sciogliere.
Il paradigma culturale occidentale che ci portiamo addosso (e non solo noi occidentali!). Umanesimo, razionalismo, scientismo progressista, economicismo, fede nella tecnologia (fusi tutti nell’idea di “sviluppo”) . È vero, abbiamo introdotto nelle scuole qualche cenno, più o meno retorico, sempre superficiale, alle “Altre Culture”, e poi, certo, l’ecologia, l’ambiente ecc., ma se non impariamo a storicizzare la nostra cultura e il nostro insegnamento disciplinare, non faremo altro che contribuire al perpetuarsi di quel senso implicito di superiorità che non si concilia con una concezione realmente complessa della realtà e dei saperi necessari per leggerla ed interagire utilmente con essa.
Il secondo potente vincolo è che non viviamo immersi direttamente “nel mondo”, ma, come ben sappiamo, in una sua rappresentazione. Questa rappresentazione ci viene dalla politica, dall’informazione, dai media di più largo accesso in cui si esprime un immaginario culturale spesso monopolizzato e a sua volta condizionato e condizionante.
Paradigma culturale e rappresentazione del mondo -complice, spesso involontaria, anche la scuola- sono dominati dunque da un economicismo mercantile imperante che continua a non essere messo in discussione, se non in ambiti ristretti. I movimenti come Via Campesina o Slow Food o le campagne organizzate da varie Ong. Politica, economia, opinione pubblica continuano tutti a parlare sempre e soltanto di crescita. Certo, con l’aggettivo “sostenibile”, ma non cambia di un millimetro la logica sottesa a ogni cosa: tutto avviene per alimentare il guadagno di alcuni.
Più attuali che mai le semplicissime parole di un Capo Indiano all’epoca della conquista del West. Scrisse al Presidente degli Stati Uniti: “Quando l’ultimo albero sarà stato abbattuto, l’ultimo fiume avvelenato, l’ultimo pesce pescato, vi accorgerete che non si può mangiare il denaro!”.