Carlo Andorlini, esperto in processi di welfare territoriale di comunità e docente presso l’Università degli Studi di Firenze alla Magistrale di Disegno e gestione degli interventi sociali
Nelle nostre comunità di vita dove si incrociano i percorsi professionali delle persone, lo sviluppo dei sistemi economici, sociali, educativi e culturali, le politiche di aggregazione e coesione sociale, c’è oggi una forte necessità di rimettere al centro delle comuni riflessioni il concetto di relazione.
È un’urgenza non solo perché sono in gioco la convivenza e i motivi di una convivenza tra persone e sistemi diversi, ma almeno per altre due fondamentali ragioni.
La prima è che tra i grandi impoverimenti dei nostri contesti di vita c’è quello culturale, sociale e appunto relazionale. E spesso è proprio da qui che deriva la perdita di motivazione di molti adolescenti che decidono di abbandonarsi, abbandonando per prima la scuola e poi il resto, la scelta di molti giovani di cercare conflitti più che legami dentro una comunità, la difficoltà di molte persone a trovare nei luoghi di vita punti di riferimento confortanti e rassicuranti e spazi di convivenza.
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La seconda è che tra i grandi sprechi del nostro tempo, oltre a quello alimentare e ambientale, ne esiste uno meno evidente ma assai impattante che è lo spreco relazionale. Se non riusciamo a rimettere intensità e connessione nelle relazioni dentro le nostre comunità, prosciughiamo una linfa essenziale del nostro vivere che è il risolvere i problemi attraverso la collaborazione tra le persone e le organizzazioni. La relazione fra le tante realtà che operano anche in campi diversi e che utilizzano luoghi e spazi propri e/o pubblici per il bene comune, può e deve ritrovare intensità e condivisione per reagire a tutto questo. Un’intensità e una condivisione che possono funzionare non tanto se si costruiscono reti dove un soggetto spinge gli altri a partecipare, quanto se si allestiscono cornici di senso e di visione comuni di come desideriamo la nostra comunità, di come immaginiamo la convivenza fra persone per far nascere da lì una progettualità collettiva.
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Mettere in relazione sistemi organizzati che hanno già a cuore il tema della comunità, dell’educazione, della coesione sociale, e che sono presenti in ogni territorio, è davvero un grande orizzonte trasformativo per i nostri contesti, capace di soluzioni nuove a bisogni e desideri. È su questo potenziale che gli attori del territorio, Coop come la scuola, le Istituzioni come i nuovi collettivi giovanili, i luoghi culturali come i sistemi tradizionali, possono davvero fare la differenza assumendo quel ruolo di connettori di comunità e di facilitatori di relazioni che tanto è fondamentale oggi nelle nostre realtà. Quando questo avviene si assiste a uno straordinario potenziamento delle possibilità di raggiungere risultati collettivi, ovvero risultati che contribuiscono a far crescere e a costruire nella comunità antidoti alle tante e nuove fragilità e a potenziare il concetto fondamentale di bene comune.
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