Autore: Valter Baruzzi
Pedagogista
Anno: 2006/07

A che cosa ci riferiamo quando parliamo di consumo consapevole?

Il consumo, prima di essere un argomento su cui riflettere, è un aspetto significativo della nostra vita quotidiana. La consapevolezza, invece, possiamo ricondurla a quella capacità di apprendere dalle diverse occasioni che l’esperienza ci offre nel corso della vita, imparando a non ripetere gli errori, a riconoscerli e prevenirli, e dunque a scegliere.
Possiamo immaginare un consumatore consapevole come una persona curiosa, che sa trovare le informazioni che gli servono, ha una certa propensione a cogliere gli aspetti enigmatici della realtà e sa vedere le cose oltre le apparenze. Il consumatore consapevole possiede gli strumenti culturali che gli consentono di valutare diverse fonti d’informazione sapendole soppesare, confrontare e utilizzare nelle quotidiane situazioni d’acquisto e di consumo. Egli possiede anche quelle capacità gestionali che risultano necessarie per affrontare gli aspetti pratici della vita quotidiana. Oltre a ciò, dispone di quei valori di riferimento, che lo rendono capace di ricercare la convenienza economica compatibilmente con la scelta di merci prodotte nel rispetto dei diritti delle persone, delle comunità e degli ambienti del proprio Paese e del mondo intero.
Da dove si traggono i saperi e le competenze che orientano le persone e le sostengono nell’esercizio del consumo consapevole? Dalle esperienze quotidiane? Da libri e riviste? Da qualcuno che li insegna? Per sgomberare il campo da possibili equivoci occorre subito dire due cose: 1) siamo tutti bersaglio delle pervasive sollecitazioni del mondo dei consumi, in cui siamo immersi, e la sfida della sobrietà e della consapevolezza ci riguarda quindi in prima persona; 2) gli apprendimenti di base, le competenze logico-linguistiche fornite dalla scuola e il suo clima culturale rappresentano la premessa indispensabile, ma non sufficiente, di un’educazione al consumo consapevole. Se riflettiamo su come abbiamo conquistato le conoscenze più solide e i nostri stili operativi, ci rendiamo conto che l’elemento caratterizzante sono le strategie attraverso cui abbiamo imparato a capire il mondo e a rapportarci con gli altri e il metodo con cui reperiamo le conoscenze necessarie, connettiamo fenomeni apparentemente scollegati, scopriamo significati nascosti e li poniamo in relazione responsabile con la nostra vita, lungo un percorso formativo mai concluso.

Regalare pesci o insegnare a pescare?
L’esempio paradigmatico della situazione in cui ci troviamo può essere rappresentato con una certa approssimazione dalla navigazione in Internet, dove si trova una miriade di dati e informazioni. Qui la differenza fra chi trova oro e chi si perde, o perde tempo, è data dalla capacità di saper pescare e organizzare i dati raccolti riferendosi a un proprio progetto di indagine. Per educare i ragazzi a divenire consumatori consapevoli credo sia opportuno quindi puntare a promuovere la capacità di imparare a imparare e di saper predisporre chiavi e criteri di interpretazione. L’acquisizione di contenuti e strumenti culturali di base, così come avviene a scuola, è fondamentale, ma rappresenta l’avvio di un percorso di crescita delle conoscenze e della consapevolezza, la cui maturazione presuppone la capacità di porsi domande e che si fonda sull’impegnativa e personale ricerca di risposte. Gli adulti che accolgono questa prospettiva si mettono in gioco personalmente, valorizzando le esperienze dei ragazzi e proponendone di nuove, aiutandoli a riflettere su di esse lungo un percorso di ricerca che si fonda sulla fiducia reciproca e sulla capacità di cooperare. I temi centrali sono le merci e il consumo, quei prodotti che le persone (nel nostro caso bambini e ragazzi) desiderano e acquistano, hanno acquistato o vorrebbero acquistare, il loro rapporto con i consumi e l’immaginario che di essi si nutre.
Proprio le merci possono essere il punto di partenza più stimolante di un discorso sui consumi alla portata di tutte le età, punto di partenza pratico e coinvolgente, capace di aprire pian piano una finestra, molte finestre, su un mondo complesso, per comprendere il quale sono necessari curiosità, motivazione e desiderio di conoscenza. Così posto, il tema dei contenuti richiede di essere esaminato in relazione al contesto, al clima e ai metodi: una situazione educativa così immaginata rifiuta un approccio fondato sulla predicazione o sulla lezione frontale, ma richiede lavoro di gruppo, dialogo e strategie operative orientate all’indagine e alla ricerca, dove le informazioni e i contenuti trattati siano posti in relazione alle esperienze e ai comportamenti quotidiani. Fin dagli anni Ottanta la Coop ha impostato le sue proposte di Educazione al Consumo riassumendone gli aspetti metodologici col termine animazione, volendo così significare la tensione a rendere i ragazzi protagonisti di un percorso di cambiamento, che richiede da parte loro motivazioni profonde e la percezione che si sta parlando, senza pregiudizi, anche della loro vita, delle loro esperienze, dei loro desideri, non di moralistiche prescrizioni. Nell’usare il termine animazione, che ha molti significati, non facciamo riferimento all’intrattenimento, ma all’animazione sociale e alla sua propensione ad attivare le risorse dei gruppi e delle comunità e, quindi, a un metodo dove ciascuno parte da sé per arrivare a capire un po’ meglio la sua relazione con gli altri, l’ambiente e il mondo.

La proposta Coop e le merci al supermercato
Chi conosce le esperienze di Educazione al Consumo Consapevole Coop sa che la loro peculiarità sta nella centralità del punto di vendita inteso come laboratorio, nel metodo dell’animazione e nell’aver puntato su un modello di relazione con bambini e ragazzi (e adulti), che scommette sull’autonomia delle persone e sulla fiducia nella loro capacità di acquisire le informazioni, gli strumenti e le competenze per operare scelte autonome e responsabili. I consumi dei ragazzi e le merci rappresentano il punto di partenza di esperienze di educazione al consumo, che prendono avvio fra gli scaffali di un negozio, ma generano curiosità, motivazioni e un desiderio di approfondimento e di ricerca che continuano a scuola, ben oltre il tempo dedicato a un’animazione. Attingendo agli stimoli e alle sollecitazioni che le merci offrono è possibile risalire a quadri conoscitivi più ampi, ricollegandosi all’impianto più organico e strutturato cui la scuola fa riferimento. Questa scelta pone la Coop in condizione di mettere a disposizione la sua identità cooperativa, il suo bagaglio di conoscenze, le competenze di cui dispone, senza forzature. Che effetti può produrre mettere sotto la lente di ingrandimento, per esempio, cioccolata, banane, snack e merendine, lattine di integratori? Sappiamo già, per esperienza, che questi prodotti offrono la possibilità di introdurre e trattare molteplici argomenti connessi al tema dell’alimentazione, di arricchire linguaggi e concetti, di ripensare la storia personale o di trattare specifici aspetti nutrizionali. Ma il cibo, mano a mano che se ne ravvisa la possibilità, può essere correlato agli aspetti ambientali (biotecnologie e OGM, agricoltura e prodotti biologici, rifiuti, ecc.), all’eticità (consumi dei Nord e prodotti del Sud), ai modelli di comportamento proposti dalla pubblicità. Soffermiamoci sul rapporto fra sport e alimentazione e immaginiamolo come apertura di un discorso sull’uso degli integratori alimentari, sul fenomeno del doping, sempre più diffuso fra i giovani, sul clima competitivo che caratterizza la nostra società, che si manifesta nel valore attribuito unicamente alla vittoria, al bisogno di primeggiare, al rifiuto di riconoscere i propri limiti…
Verso quale viaggio ci orientano una bottiglia di acqua minerale, un giocattolo, un libro, una videocassetta, un cd musicale, una maglietta? Che suggestioni può offrire un telefono cellulare? Molti bambini lo usano abitualmente già nelle prime classi della scuola primaria: i genitori lo regalano immaginandolo come strumento che favorisce il controllo, i ragazzi lo percepiscono come status symbol.
Chi ne è privo è out e corre il rischio di perdere il contatto col gruppo dei pari. Sono nate nuove forme di linguaggio, si sta diffondendo un uso estemporaneo della fotografia digitale, che può in tempi rapidissimi essere trasmessa via Internet… Che significa tutto ciò sul piano dell’identità, della comunicazione e delle relazioni interpersonali e quale influenza può giocare nelle scelte di consumo?
Questi sono solo alcuni esempi di prodotti che suggeriscono insolite prospettive educative, qualora il viaggio venga intrapreso con metodi animativi, che superino un approccio meramente informativo e vadano oltre le giocose ma insufficienti tecniche addestrative, per aprire invece domande di senso e avviare la costruzione di risposte nell’ambito del panorama di valori cooperativo.
Questa prospettiva rafforza la necessità di collaborazione con la scuola e suggerisce l’avvio di un rapporto di dialogo più intenso con le famiglie e il territorio, aprendo con ciò altre prospettive.