Autore: Marina D’Amato
Docente di Sociologia Università degli Studi Roma Tre
Anno: 2010/11

Accanto al ruolo della scuola, sempre più utili e necessari quelli dell’associazionismo e delle agenzie di socializzazione

Nonostante la morte più volte annunciata, la famiglia continua a essere, in tutte le comunità umane, il luogo della socializzazione primaria di ogni individuo.
Gli antropologi e i sociologi sono concordi nel ritenere che tutte le società sopravvissute hanno dovuto in qualche modo prevedere e programmare i modi della riproduzione biologica, ma anche culturale e sociale: la famiglia è l’espressione universale di tale riproduzione. Le trasformazioni nel tempo hanno modificato gli status e i ruoli dei suoi membri, ma nella società occidentale contemporanea la famiglia continua a essere intesa prevalentemente come un nucleo monogamico a discendenza bilaterale, con caratteristiche di gruppo coresidenziale, separato dal resto della parentela.
Le funzioni della famiglia, sia essa biologica, nucleare, composta, estesa, monoparentale, omosessuale, sono essenzialmente riferite alla cura dei suoi membri, in particolare a quelli più giovani. È la solidarietà familiare il nesso che tiene unito il gruppo e che consente ai suoi membri di rapportarsi con l’esterno, una volta introiettati i valori e le norme sociali.
La rapida trasformazione degli status all’interno della famiglia e le nuove concezioni pedagogiche centrate sul rispetto dell’autonomia dell’individuo, hanno certamente modificato, negli anni più recenti, tanto l’idea di legame sociale quanto l’idea di cittadinanza che esso presuppone. La crisi della famiglia tradizionale, dapprima spiegata in base alla perdita di funzioni subita con i processi di industrializzazione e di urbanesimo, si è evoluta fino a dichiararne la morte, ma l’anomia interna e il rifiuto di vincoli familiari istituzionalizzati non hanno affatto causato la fine della famiglia, piuttosto la hanno notevolmente trasformata. L’eguaglianza tra i sessi sia nella coppia che nell’educazione dei figli è stata la maggiore linea di forza che ha predisposto la variegata famiglia contemporanea a cui continua ad essere demandato il ruolo primario di educare le giovani generazioni. Si tratta sempre più di un processo che di un compito, perché assistiamo alla trasmissione di valori, norme, atteggiamenti e comportamenti non sempre condivisi dai membri preesistenti del gruppo familiare e sempre più influenzati dal gruppo dei pari.
L’educazione come finalità sembra svolgersi in una prospettiva che accompagna l’arco di una vita “infantile” sempre più lungo. I “figli lunghi”, come si chiamano oggi i membri giovani del gruppo familiare, tendono a non uscire dal guscio domestico fino a un’età avanzata: in questo modo possono rinviare nel tempo, con l’alibi della precarietà esistenziale, l’impegno ad una cittadinanza attiva. Che cosa accade? Da un lato, genitori sempre più complici e amici, e non alleati, si propongono ai figli su un piano di amicizia/parità; dall’altro il contesto sociale, difficile sul piano economico e lavorativo, non viene affrontato perché non si è addestrati alla responsabilità.
Non è un caso che a fronte di un diffuso disagio giovanile (alcol, droga, disaffezione scolastica, devianza…), si contrappone un atteggiamento “lassista” e “deresponsabilizzato”, che tutto permette e che tutto giustifica e che cerca nei media e nella scuola le cause di un disagio che non viene affrontato nella sede operativa: la famiglia.
A fronte di tutto ciò, nascono i corsi per genitori, i serial televisivi, le guide, per renderli capaci di fare il loro mestiere, e le istituzioni sempre più spesso si fanno carico di diffondere il concetto operativo della nostra democrazia occidentale: la legalità. Perché? Si diventa individui sociali introiettando norme e valori che hanno nella legalità il loro fine ed il loro confine, e continua ad essere la famiglia, beninteso in sinergia con la scuola, con l’associazionismo e con le altre agenzie di socializzazione, il luogo primario di questo mandato. La funzione centrale del nucleo familiare, in qualsiasi modo composto, rimane quella di trasmettere con le norme e con i valori, proprio quel senso di appartenenza che consente di esercitare diritti e doveri e che nella legalità trova la sua prassi.