Tiziana Luciani, psicoterapeuta, arteterapeuta, formatrice, autrice di Eroine ed eroi
in corso

In una classe alunni/e hanno un assaggio del mondo.
Occhi e capelli di diversi colori, molte altezze, pelli di varie sfumature, tante provenienze, caratteri, reazioni ed emozioni: il complesso Mondo degli Altri. Un’occasione di crescita straordinaria, un allenamento alle infinite variabili della vita. Eppure, sempre più, le differenze fra me e te, fra l’io e il noi sono marcate da un odioso tratto di penna, che separa i perfetti dagli imperfetti.

Il mito della perfezione procura sofferenza, specie a chi sta costruendo la sua personalità. Negli anni i parametri della perfezione sono diventati sempre più complessi. Il modello giusto di bambino/a ragazzino/a è connotato da oggetti di consumo: abbigliamento, gadget vari, telefonini… merci che dovrebbe garantire ai possessori l’accesso al gruppo dei pari. Quell’assaggio del mondo viene omologato a un modello perfetto e anonimo: la perfezione è dittatoriale, l’imperfezione è democratica. Tramite i consumi i minori tentano di camuffare le loro imperfezioni, invece di cercare un equilibrio fra accettazione di sé e sforzo per superarsi.

Al mito della perfezione ne sostituirei un altro: quello dell’impresa eroica.
Eroine ed eroi di miti e fiabe sono imperfetti, ed è a partire dalla mancanza di un qualcosa che partono all’avventura. Per compiere l’impresa hanno bisogno di aiuto, perché nessuno può bastarsi da solo. Spesso sono delle cose a soccorrerli. Tre noci, una piuma, una pezza, niente di che.

Ma, al momento opportuno, quelle cose si rivelano decisive. Il filosofo Remo Bodei distingueva gli oggetti dalle cose.1 I primi costituiscono la massa indifferenziata delle merci, le seconde sono oggetti speciali nei quali abbiamo riposto qualcosa di noi. Le cose ci aiutano a crescere in modo originale, aumentando in noi autostima e autonomia. Le ricordiamo per sempre perché le colleghiamo al diventare grandi: il primo rossetto, l’abbonamento al pullman… L’educazione al consumo consapevole ci aiuta a far la differenza fra oggetti qualsiasi e cose significative.

Come gli eroi e le eroine, muniti di cose per noi speciali, affrontiamo l’impresa di crescere. L’ispirazione ci viene soprattutto da chi ha saputo trasformare la fragilità in forza. I campioni e le campionesse sono le persone con disabilità che, come tutti e tutte noi, fanno i conti con la distanza dal modello di perfezione in voga. Stan Lee, autore di Spider Man e dei Fantastici Quattro, affermava che “Super problemi generano Super Eroi”, e creò Daredevil, supereroe non vedente.

Dalla mia imperfezione posso aprirmi verso quelle degli altri. La classe scolastica con tanti banchi, occhi di vari colori, sensibilità diverse è una postazione di democrazia e di vitalità. L’etimologia della parola classe si collega all’antica radice kla, presente nell’area greca, latina, germanica, slava e indiana. E significa chiamata, appello. Che meraviglia, l’appello scolastico!
Tanti nomi diversi, mani che si alzano, voci differenti e molti cuori per scandire forte: “Presente!”.

* 1 Bodei, Remo, Oggetti e cose, Consorzio Festivalfilosofia, Modena, 2013.